Tempo fa (vedi www.fantasymagazine.it/notizie/5891/) vi abbiamo parlato di Dario De Judicibus in occasione della pubblicazione del suo La Lama Nera. Il romanzo, primo di una trilogia, è stato pubblicato dalla casa editrice Armenia. FantasyMagazine ha intervistato l'autore bresciano, appassionato di romanzi di fantascienza, fantasy e giochi di ruolo, per conoscerlo meglio.

Puoi dirci “chi è” Dario de Judicibus? Dove è nato, studi fatti, dove vive, cosa fa oltre che scrivere?

Sostanzialmente sono un “apolide”, ovvero non sono legato a una specifica città o a una cultura, anche se sono ormai molti anni che abito a Roma. Ho vissuto in molte città diverse, sia in Italia che all’estero, prendendo un po’ qui, un po’ là, dalle varie culture con le quali sono entrato in contatto. Sono laureato in fisica, specializzato in alte energie, ho lavorato per un certo tempo in vari laboratori di ricerca internazionali, sia in America che in Europa. Dopo aver servito come ufficiale di Artiglieria, sono entrato in una grande azienda di informatica dove ho svolto vari ruoli, dalla programmazione alla consulenza in strategie aziendali. Sono divorziato, ho una figlia che amo moltissimo e con la quale cerco di stare quanto più tempo possibile, e una compagna veramente in gamba di cui mi fido in modo assoluto. Ho anche diversi amici, di quelli veri, il che mi rende una persona molto fortunata. Non sono ricco e non credo che lo diventerò mai: la nostra famiglia è geneticamente negata per fare soldi, ma alla fin fine la cosa mi interessa relativamente. Credo che le persone siano più importanti dei soldi e, se devo fare una scelta, non ho dubbi: scelgo i primi.

Quando hai iniziato a leggere e cosa? E quando hai scoperto la narrativa fantasy e/o la fantascienza? Ti ricordi i primi titoli letti?

Quando avevo nove anni, mio padre mi comprò i primi tre volumi del ciclo dei «Pirati della Malesia» di Emilio Salgari. Erano dei volumetti simili ai classici Gialli, una collana economica, stampata con caratteri piuttosto piccoli, ben diversi dai tipici libri per bambini scritti grossi e con tante illustrazioni. Mi immersi in quel mondo fantastico al punto che spesso di domenica passavo l’intera giornata a leggere. Dopo qualche mese, non solo avevo letto il primo ciclo, ma anche quello dei «Corsari delle Antille», le «Avventure del Far-West» e molti altri ancora. In seguito iniziai a leggere Wells, Verne e poi i grandi della fantascienza, primo fra tutti, Asimov. Da allora ogni libreria è diventata per me una sorta di “Paese dei Balocchi”. In particolare, quando sono andato a vivere a Firenze, dove ho fatto l’università, non passava settimana che non mi recassi in una delle tante librerie di libri usati trascorrendo ore ed ore a rufolare in mezzo a pile di libri alla ricerca di vecchie collane di fantascienza o fantasy. In realtà, nei primi anni ho letto prevalentemente fantascienza: Asimov, Clarke, Simak, Farmer, Vance, erano fra i miei preferiti. Mi piaceva molto l’approccio sistemico di Asimov nel costruire le sue storie, così come l’incredibile capacità di Farmer e Vance di creare mondi e culture aliene. Solo in seguito sono passato al Fantasy, prima con Tolkien — il «Signore degli Anelli» e «Lo Hobbit» li ho letti che avevo 14 anni — poi con Michael Moorcock, Ursula Le Guin e André Norton. Oggi, scrivendo libri di fantasy, mi trovo purtroppo costretto a leggere solo saggi, per evitare di farmi inconsciamente influenzare da questo o quel romanzo. Devo dire che questo mi pesa un po’, ma credo sia assolutamente necessario — soprattutto considerando che ho all’attivo oltre 5.000 volumi letti fra fantascienza e fantasy — se voglio dare un prodotto veramente nuovo e originale ai miei lettori. Non che abbia la presunzione di pensare che ciò che ho letto non mi abbia influenzato — sarebbe impossibile — tuttavia odio i prodotti commerciali, i testi “facili”, i “remake”. Il mio obiettivo è di puntare molto sulla trama piuttosto che sugli “effetti speciali”, e ho lavorato molto in tal senso.

Quali sono i tuoi hobby, il passatempo preferito, cosa ti piace leggere? E quali sono i tuoi autori preferiti?

Di hobby ne ho, e ne ho avuti molti, purtroppo. In realtà, ogni volta che mi trovo di fronte a qualcosa di nuovo, non posso fare a meno di provarlo, magari anche solo una volta. Ho praticato molti sport, soprattutto arti marziali, ma anche tennis, windsurf, tiro con l’arco; ho anche preso un attestato al volo su ultraleggeri. Mi piace suonare la chitarra, disegnare, programmare, ho persino collezionato francobolli. Sono abbonato a «Le Scienze» dal 1974 e leggo molti articoli in ambito scientifico, dall’astronomia alla sociologia e antropologia. Il guaio è che ho una pessima memoria, per cui ricordo solo un decimo di quello che leggo, ma sono essenzialmente una spugna per quello che riguarda la conoscenza: mi interesso praticamente di tutto, pur non essendo veramente un esperto in niente.

Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere? E quando hai iniziato e su quali argomenti?

Ho sempre amato molto sia scrivere che leggere. Ero ancora un bambino quando ho scritto la mia prima poesia; avevo 12 anni quando ho scritto il mio primo racconto.

Non ho mai pensato di pubblicarli: lo facevo solo per me, per mia soddisfazione personale. In realtà la mia prima pubblicazione è abbastanza tarda, dato che risale al 1988, quando ho iniziato a scrivere per MC Microcomputer. Avendo una preparazione di tipo scientifico e lavorando per un’azienda di informatica, per molto tempo ho potuto scrivere articoli e libri solo in quell’ambito. Il sistema editoriale italiano non favorisce gli scrittori emergenti, ed è molto difficile farsi pubblicare qualcosa al di fuori di quella che è la tua competenza specifica. Ho dovuto quindi fare una sorta di gavetta, ovvero farmi conoscere in ambito tecnico per avere poi la possibilità di proporre anche altri argomenti. Il primo saggio, non relativo all’informatica, che ho scritto, è stato un libro sul rapporto fra genitori e figli. È un argomento che mi sta molto a cuore, essendo impegnato da anni, come genitore separato, contro l’affidamento esclusivo, la discriminazione sessista nelle cause di separazione e divorzio, il sostegno al principio di bigenitorialità.

Come riesci a conciliare la tua attività di scrittore, con il lavoro, la famiglia, figli ecc. ecc.?

È dura, in effetti. Famiglia e figli non sono un problema: hanno la priorità sul lavoro e sui miei passatempi, per cui non mi pongo neppure il problema. Come ho già detto, ho una figlia stupenda e una compagna molto dolce e comprensiva, e non mi sognerei mai di metterle al secondo posto rispetto a una qualunque attività lavorativa. Conciliare il resto, invece, richiede molti sacrifici. In genere scrivo fra le undici di sera e le due del mattino. Il guaio è che non sempre quando ho tempo riesco a scrivere qualcosa, mentre sempre più spesso mi capita di avere l’ispirazione quando sono occupato fino ai capelli in altre attività. Il trucco consiste nel portarmi dietro sempre un blocchetto su cui scrivere ogni idea mi passi per la mente, per poi raccogliere il tutto in un brogliaccio al quale attingo man mano che vado avanti con il romanzo. Per fortuna una buona parte del lavoro non consiste tanto nello scrivere, ma nel documentarsi. Anche se i miei sono libri di fantasy, ci tengo molto a costruire un’ambientazione verosimile e coerente. Quando non ho idee, ma ho tempo da dedicare al libro, studio: come si viveva nel medioevo, le grandi battaglie del passato, le armi, i mestieri, le corporazioni, persino la navigazione e, ovviamente, i miti di tutte le culture antiche. Una solida base di conoscenza è, a mio avviso, fondamentale per costruire un buon romanzo.