Buio.

Fuori e dentro di sé, è il buio ciò che percepisce la giovane Alma. Ha diciassette anni ed è bella e forte nella maschera di sicurezza che mostra al mondo. Leader di un esclusivo gruppo di amiche, sembra che le importi solo di loro, e che niente di ciò che la circonda possa davvero toccarla.

Comincia così, con una situazione di disagio adolescenziale e d’insofferenza nei confronti dell’ambiente in cui la sua protagonista vive, il romanzo di Elena P. Melodia.

Il primo volume della trilogia My land parte lentamente. L’autrice, che narra la storia in prima persona e usando il tempo presente, ci mostra gli avvenimenti pian piano, così come li sta vivendo Alma.

Scopriamo con i suoi occhi qualcosa della sua problematica famiglia e delle sue amiche. Gradualmente iniziamo a capire da dove nasca parte della sua insofferenza, che nelle prime pagine appare lievemente forzata. E ci rendiamo conto che la ragazza non è proprio quella creatura intoccabile e indifferente che appare all’inizio.

I problemi, quelli veri, cominciano grazie a un filmato fatto con un telefonino, così come accade per tante storie della nostra cronaca. Un episodio che potrebbe apparire di banale bullismo, ma che lascia strascichi nella mente e nel comportamento di diversi personaggi, e che col tempo si rivela più complesso di quel che sembrava all’inizio.

Ma questa è solo la prima delle sue preoccupazioni. Seline, Agata e Naomi prendono la propria strada addentrandosi allontanandosi sempre più l’una dall’altra. Nel buio.

Fingo che non m’importi, ma sono preoccupata. Il nostro gruppo è sempre meno unito. Ognuna di noi, per motivi diversi, e senza parlare con le altre, si sta allontanando per la sua strada. Io per prima. I miei incubi, i miei mal di testa improvvisi, il mio racconto sul quaderno viola sono rimasti un segreto custodito dentro di me, lontano dai commenti delle mie amiche. Credevo di essere superiore al bisogno di confidarmi con loro. E lo credo ancora. Ma a quanto pare anche Naomi e Seline hanno fatto la stessa scelta. Fuori ci fingiamo forti, e intanto dentro crolliamo, a poco a poco, innalzando sempre più barriere tra di noi.

Perdendoci, nel grande e caotico nulla che ci circonda.”

E poi c’è il quaderno viola, il suo personale segreto. Perché come si può parlare a qualcuno di sogni premonitori, talmente vividi da spingerla a scriverli su un quaderno ma così evanescenti da sparire subito dopo dalla memoria al punto da farle dimenticare il fatto stesso di averli scritti? Come si può parlarne, soprattutto, quando questi sogni riguardano omicidi che devono ancora essere commessi? E così Alma si chiude in se stessa, e cerca di capire qualcosa che sembra troppo grande e misterioso per poter essere capito davvero.

Quella che fin qui era sembrata una storia di adolescenti ben ancorata nella realtà trova ora alcuni aspetti inquietanti, impossibili da giustificare con la sola razionalità.

Alma fa ipotesi, inizia alcune indagini, parla con personaggi molto diversi fra loro e si aggrappa a tutto quello che trova, ma il senso di ciò che le sta accadendo continua a sfuggirle. E proprio quando le sembra di aver scoperto il filo conduttore, e di poter trovare delle risposte certe e definitive, arriva il quarto sogno. Con esso, e con le azioni che seguono, crolla il castello di ipotesi costruito nelle pagine precedenti, sostituito da qualcosa di oscuro.

«Io non ho paura del buio»” aveva detto a Morgan la giovane protagonista, solo per sentirsi rispondere “«Non è il buio che ti deve far paura. Ma chi lo abita».”

Chi è che abita nel buio? Alla fine del romanzo sono ancora tante le domande prive di una risposta. Quel che è certo è che gli incubi sono terribilmente concreti, e che la realtà è ben più inquietante di quel che si poteva sospettare all’inizio.

La scrittura è semplice ma efficace. Va dritta al punto, mostra le emozioni e i fatti spingendo a proseguire la lettura per scoprire cosa si nasconde dietro i tanti piccoli misteri della storia e quale sia l’elemento che li unisce. La scelta di mostrare il tutto “in diretta” dagli occhi di Alma contribuisce ad avvicinare il lettore alla vicenda e a fargli percepire i disagi e le preoccupazioni della protagonista.

Non del tutto convincente risulta invece la figura di Morgan, tratteggiato troppo rapidamente per poter essere più che uno stereotipo. Bello e misterioso, è sempre pronto ad accorrere in aiuto della fanciulla in difficoltà, salvo poi rifiutarsi di rispondere chiaramente alle sue domande. Quel che è stato detto basta per fornire la certezza che nei prossimi volumi sarà un personaggio fondamentale, ma le sue frasi e le sue spiegazioni sono troppo sibilline per non sembrare artificiali, dette apposta per far salire la tensione accennando senza spiegare nulla.

Nella storia si ritrovano anche alcuni cliché, come un incidente per marcare un cambiamento avvenuto nella protagonista o l’uso di un oggetto, in questo caso un quaderno, per scatenare l’elemento soprannaturale. Usati in modo equilibrato, consentono comunque di portare avanti la vicenda senza appesantirla o toglierle credibilità.

Quanto all’elemento soprannaturale stesso, è ancora troppo presto per valutare la sua portata e la sua validità. Di certo c’è qualcosa che Alma deve scoprire, per la sua tranquillità e per la salvezza di altre potenziali vittime. Se sia qualcosa in grado di sostenere tutta la storia, però, potranno chiarirlo solo i prossimi volumi.

In attesa del seguito si tratta comunque di un buon esordio nel quale gli adolescenti non sono visti né come supereroi capaci di tutto né come ragazzi le cui uniche preoccupazioni sono legate a un cuore infranto.