Il senso di Mappe e leggende di Michael Chabon è bene espresso in molti punti. A cominciare dal titolo originale Maps and Legends: Reading and Writing  - Along the Boardersland. Ossia la presenza, rispetto al titolo italiano, delle parole Reading e Writing. Ben tradotto si può definire, dal punto di vista concettuale, il sottotitolo.

Ma il punto fondamentale è che Chabon non dimentica che uno scrittore per essere tale è innanzitutto un lettore.

Non un lettore necessariamente più qualificato dei lettori "puri", come potrei definire coloro che leggono senza la necessità di raccontare a loro volta delle storie, o di riportare, in articoli o recensioni, la loro esperienza di lettura in modo più o meno dettagliato.

No, Chabon non ha ambizioni di venirci a spiegare tutto sulle storie, di scrivere un saggio definitivo che contiene tutte le verità ma, più modestamente, di spiegarci il suo personale concetto di intrattenimento letterario. E lo fa raccontandoci in modo caotico e incompleto il percorso di lettore, consapevole che anche se raccontasse ogni sua esperienza di lettore la trattazione sarebbe comunque caotica e incompleta, perché nessuno ha letto tutto di tutto, e nessuno forse potrà farlo mai.

Però nello scegliere quello che definisce un "campionario della sua carriera di lettore", Chabon tiene anche a precisare che vuole farlo in modo semplice, senza infiocchettare il saggio di analisi troppo teoriche, che ricorrano ai massimi sistemi.

No, il linguaggio di Chabon è semplice e diretto, allo scopo di cercare di spiegare il piacere che scaturisce dalla lettura per intrattenimento.

Ma la semplicità non è sinonimo di superficialità o banalità. Mappe e Leggende è tutt'altro che una cialtronata, ma un viaggio attento nelle ragioni stesse della narrazione.

Il saggio ha delle tesi di fondo, sostenute dall'autore sin dalle prime battute, quando comincia a tessere le fondamenta dell'esposizione dando una definizione di intrattenimento. Dalla nostalgia per la narrazione breve che diventa una sua difesa, a una malcelata irritazione per l'eccesso di classificazione dei generi, vista da Chabon come una noiosa limitazione, che diventa quindi una difesa di quegli scrittori capaci di sovvertire le convenzioni e i canoni.

La soggettività del percorso di Chabon è rimarcata dall'aneddotica presente, che parte dai ricordi d'infanzia per un percorso che accumuna Sherlock Holmes alla mitologia norrena ed ebraica (Il Golem), passando per Philip Pullman, i comics, rappresentati da autori come Howard Chaykin e Will Eisner, Cormack McCarthy, M.R. James, senza dimenticare di citare autori di ogni tipo, dimostrando una capacità di gestire il filo apparentemente caotico di quelli che a scuola i docenti ci insegnavano essere "i collegamenti".

Non manca ovviamente anche il racconto delle esperienze di scrittura, filtrate attraverso l'esperienza di essere il primo attento lettore di se stesso.

Non mancano i rapporti di Chabon con la cultura yiddish.

Il risultato complessivo è eterogeneo, alcuni dei punti in cui indugia sull'aneddotica personale appaiono ridondanti, ma rimane un saggio interessante se visto dal punto di vista del confronto tra lettori e le proprie esperienze.

Nessuno ha le verità in tasca, Chabon non fa il finto modesto quando ribadisce la soggettività del saggio. Per ognuna delle tesi sono convinto che in egual misura ci sarà chi le approverà come chi le rifiuterà. Non si tratta di dimostrazioni matematiche, è legittimo.

Personalmente ho almeno un paio di concetti che ritengo non mi abbandoneranno facilmente, come la difesa dell'intrattenimento dalla cattiva fama di cui gode, o la provocatoria affermazione che la scrittura in fondo nasca dalla volontà di completare o ampliare l'esperienza di lettura, da quello "strano impulso narrativo prodotto da quelle regioni marginali citate e classificate sulle mappe nei risvolti dei libri, che però non vengono mai visitate e neppure nominate dai protagonisti di Il Signore degli Anelli". 

Un concetto che Chabon porta ell'estremo affermando che "tutta la letteratura, sofisticata o popolare, dall’Eneide in poi, è fan fiction".

Ovviamente Chabon non si limita a lanciare le sue affermazioni, ma ci costruisce un capitolo interno, quello interamente dedicato a Sherlock Holmes, per non parlare del prosieguo del volume.

L'invito è pertanto quello di leggere questo saggio imperfetto, caotico e volutamente incompleto, perché è una esperienza illuminante che ogni lettore, specialmente quelli più isolati, che non confrontandosi con altri elevano il proprio gusto e la propria opinione a norma, facendo diventare bello in senso assoluto ciò che è di proprio gusto, dimentichi del fatto che anche in letteratura niente è assoluto, ma tutto è relativo.