Sono tante le immagini, le situazioni, le storie lette, i film visti, che balzano alla mente durante la visione di Avatar. Un flusso inarrestabile di sensazioni e suggestioni che è difficile fermare. Chiunque realizzi un'opera d'ingegno non può non mettere tanto di sé stesso, di quanto ha metabolizzato da lettore e spettatore. È il caso di James Cameron, il cui primo obiettivo sembra quello di mettere tutto e il contrario di tutto in questo film, la cui lunga gestazione, e di conseguenza lunga attesa da parte dei suoi fan, è ben ripagata da uno spettacolo sicuramente divertente.

Che sia spettacolo puro, godibile come intrattenimento è abbastanza evidente. Cameron è esperto e avvezzo a un cinema che non avendo pretese autoriali arriva allo scopo di divertire lo spettatore. La vicenda di Jake Sully (Sam Worthington) non è sicuramente la più originale mai raccontata, ma fa presa. Il personaggio è caratterizzato bene, e non solo per il suo handicap, ma perché tutto il suo percorso nell'arco narrativo è ben scritto e ogni punto di crescita è coerente con i passi precedenti, e con il punto di arrivo. Raccontata in breve la storia non offre sorprese alla spettatore. Un marine è sempre un  marine, anche con le gambe paralizzate. Reclutato da una potente multinazionale al posto del fratello gemello deceduto non per la sua ormai perduta prestanza fisica, ma per il suo DNA. La missione della multinazionale è di trarre il massimo profitto dall'estrazione di preziosi minerali sul pianeta Pandora. Ma il pianeta, coperto da una giungla fittissima è abitato da umanoidi non inclini a rendere facile lo sfruttamento del loro suolo. Allo scopo di conoscere meglio tali umanoidi chiamati Na'Vi, (Natives?), la multinazionale finanzia un programma di ricerca che ha sviluppato una tecnologia diversa dalle solite tute con respiratore. Mescolando DNA umano e alieno ha creato delle entità biologiche praticamente uguali agli alieni, ma privi di coscienza: gli Avatar. Un collegamento in parte elettronico e in parte biologico. Il fratello era parte integrante di questo programma. Un ricercatore scientifico. Jake è un marine, ma poiché è biologicamente compatibile con l'Avatar realizzato per il fratello, costato milioni, viene inserito nel programma, con la promessa di un paio di gambe nuove.

Jake Sully e il suo Avatar
Jake Sully e il suo Avatar

Il risultato è che Jake si ritrova con un paio di gambe funzionanti, in un corpo dalla straordinaria prestanza fisica.

Quello che deve farci però è oggetto di contesa tra i militari comandati dal Colonnello Quaritch, che nell'interesse della Compagnia vorrebbero conoscere i Na'Vi al solo scopo di sterminarli, e gli scienziati, guidati dalla dottoressa Grace Augustine (Sigourney Weaver), che sono mossi da interesse scientifico. Non sembra partecipare al gioco delle parti il direttore della miniera Parker Selfridge (Giovanni Ribisi) al quale pragmaticamente interessa solo trovare il modo di migliorare i profitti, con qualsiasi mezzo, civile o militare poco conta. È infatti una società nella quale il moderno liberismo è anch'esso portato alle estreme conseguenze. Il sistema sanitario non ha curato Jake, perché non pensava di trarne profitto. Ecco perché il marine gira su una carrozzina che sembrerebbe arcaica anche oggi. Ma ora che ha una "utilità" il sistema lo corteggia, con la promessa di una cura per le sue sofferenze.

Come un servitore di due padroni Jake riferirà a entrambi dei suoi progressi nell'inflitrazione presso la popolazione locale, facilitati anche dalla conoscenza con la bella nativa Neytiri (Zoe Saldana). Cosa succederà dopo non è un mistero, è oggetto di tutti i trailer che avete visto finora, Jake s'innamorerà di Neytiri e si ribellerà ai militari. Quali sono i punti di svolta della trama, e come finisce, vale la pena andare al cinema per scoprirlo, ma devo avvisare che alcuni dettagli li anticipo per esplicitare il mio percorso critico, quindi siete avvisati, se non volete sapere altro fermatevi dopo la parola "2D".

Da un punto di vista strettamente visivo, Avatar è puro spettacolo. Ben riuscito e divertente. Il 3D risulta qui al completo servizio della pellicola, che però risulterebbe di grande impatto visivo anche se vista in 2D.

Il Power Loader di Aliens
Il Power Loader di Aliens

L'esile struttura narrativa, così simile ai tanti film western revisionisti, però non è tutto. Cameron infila di tutto, e questo gli è stato rimproverato. Ossia di andare al saccheggio di tante idee viste e riviste. Come sempre la differenza è se l'operazione può considerarsi comunque godibile o no.

A onore di Cameron c'è da dire che saccheggia anche sé stesso. Penso ai Marines spaziali, che usano esoscheletri che sono la versione da combattimento di quello usato in Aliens da Sigourney Weaver per fare a  pezzi la Regina Aliena. Ma se ci pensiamo un attimo anche i Marines di Aliens erano citazione, della Fanteria dello Spazio di Robert Heinlein ("Un'altra caccia all'insetto?"), che a sua volta non era che la versione futura di chissà quante vicende di ambientazione militare. Non ne usciamo più vivi se cominciamo ad andare a ritroso. Che il Colonnello Quaritch sia praticamente uno stereotipo è così evidente che non può disturbare. Cameron non fa alcun tentativo per renderlo un personaggio tridimensionale. È un monomaniaco, e tale  resta dall'inizio alla fine del film. Una pedina funzionale al gioco narrativo del regista. Quasi uno sparring partner. Non doveva oscurare la scena con problematiche riflessioni sul suo ruolo nell'universo. Stephen Lang dà al ruolo una professionale caratterizzazione.

Il Colonnello Quaritch non ci sta
Il Colonnello Quaritch non ci sta

Ma anche il ruolo nella vicenda dell'onnipresente Compagnia, rappresentata dal responsabile della miniera, ben caratterizzato da Giovanni Ribisi, sembra ripreso in questo caso da Aliens, che cito giusto perché è il riferimento che viene più immediato. Lascio a chi vuole la ricerca delle fonti delle fonti. Nulla nasce senza un precedente. In Aliens Cameron ha ripreso e ampliato un universo narrativo già avviato dal capolavoro di Ridley Scott, ma parlarne qui ci farebbe andare troppo fuori tema.

Concludo la parentesi di questa analogia osservando come Sigourney Weaver dia vita a un personaggio che, nelle sua avversione alla Compagnia, ha molti punti di contatto con la Ripley di Alien.

Luminose notti su Pandora
Luminose notti su Pandora

Grande protagonista del film è la giungla di Pandora. Metafora fin troppo esplicita del mondo alieno. In fondo la giungla è ancora un mondo alieno se visto con gli occhi di noi europei. Le giungle del Brasile, dell'Africa o dell'Asia sono ancora luoghi ostili, nei quali è meglio non trovarsi quando cala il buio.

Il problema è l'approccio. Se guardiamo al verde e pensiamo a un parco cittadino, ma anche a una foresta alpina, ci comporteremo come sappiamo. E sbaglieremmo senza saperlo. È quello che fa Jake Sully, in una delle scene più emblematiche, ossia il primo incontro con Neytiri. Appena cala la notte Jake si costruisce una torcia e, nell'oscurità più totale, subisce l'attacco di alcuni animali "feroci". Non sembra nulla di strano, le dinamiche preda-predatore ci sono anche sulla Terra. Naytiri va in suo soccorso, palensadosi a Jake. Le bestie vengono uccise, ma Naytiri prova dolore e pietà per quelle morti, delle quali accusa Jake come principale responsabile. Cosa è accaduto? Perché è colpa di Jake, viene da chiedersi? Lo spettatore lo comprende quando Jake ritrova la sua torcia, che Neytiri ha buttato in acqua per spegnerla. Noi pensavamo che fosse per non farsi vedere dagli animali. Invece agli occhi dello stupito Jake si rivela una foresta illuminata, nella quale la fonte di luce sono le stesse piante, con un meccanismo biologico che presumibilemente Cameron ha ripreso da quello delle piante sottomarine, per le quali c'è da supporre si fosse documentato anche ai tempi del bellissimo e sfortunato The Abyss. Ecco quindi cosa ha fatto Jake.

La Fata Ignorante di Renè Magritte (1950)
La Fata Ignorante di Renè Magritte (1950)

Ha applicato i suoi paradigmi mentali e ha alterato l'equilibrio del sistema. Ogni sistema che si senta minacciato reagisce. Scopriremo più avanti che gli animali che hanno attaccato Jake desiderano solo stare in pace a giocare con i propri cuccioli, non sono diretti predatori dei Na'Vi. Se c'è un "messaggio" è che parecchie volte le cose non sono quello che appaiono. Quello che mi sconvolge non è la semplicità del messaggio, ma che debba ancora essere veicolato, come se fossimo ancora degli ingenui.

L'altro concetto veicolato dal film è che il nostro mondo è un sistema, nel quale tutto è collegato. Ma per farlo ci parla di Pandora. L'espediente è quello di costruire un mondo fantastico, nel quale il concetto che si vuole esprimere è esplicitato e portato all'estremo. Espediente anch'esso già visto. Un esempio per tutti: il pianeta Gaia, introdotto da Isaac Asimov nei romanzi L'orlo della Fondazione e Fondazione e Terra.

Zoe Saldana è Naytiri
Zoe Saldana è Naytiri

Ma è ovvio che Cameron conosca anche Asimov. Per ottenere questo scopo Cameron dota i Na'Vi  e tutte le creature del pianeta, anche vegetali, di organi di senso simili a delle terminazioni nervose scoperte, che collegandosi a quelle di ogni altra creatura, consentono un collegamento empatico. Una vera e propria connessione diretta tra le coscienze. Altro che pianeta selvaggio, l'intero ecosistema del pianeta è a un livello evolutivo che la razza umana non ha ancora raggiunto, nonostante il pianeta terra sia "morente". E i Na'Vi sono parte di questo sistema. Una vera e propria "matrice" biologica. La formula rituale "Ti vedo", ha in questo caso il significato più profondo: vedo in te, vedo quello che sei e vivo quello che vivi tu. In realtà questo è vero sempre. Anche se i nostri sensi limitati non ci aiutano in questa percezione.

Le Montagne di Pandora
Le Montagne di Pandora

Cameron infonde poi al film uno spettacolare senso visivo. Abbiamo già visto che la giungla il cui buio è in realtà fonte di luce è un fenomeno che la natura già conosce. Difficile immaginare che sul nostro pianeta possano esistere delle "montagne sospese". Quale sia il fenomeno che su Pandora le renda possibili non è spiegato proprio in dettaglio. Potremmo scomodare il magnetismo. Io scomoderei più che altro l'immaginazione, la volontà di essere schiacciati da una visione suggestiva. Non dissimile dall'intento surreale di Renè Magritte, la cui opera a questo punto non ritengo estranea all'immaginario di Cameron. Forse è quasi provocatorio suggerire che il regista volesse ottenere lo stesso effetto disturbante del pittore belga. Se c'è una analogia è che la suggestione visiva del film è realizzata con la stessa perizia e pulizia tecnica, fatte le dovute proporzioni di diversità del mezzo, della pittura del maestro belga.

Le Château des Pyrénées – Renè Magritte (1959)
Le Château des Pyrénées – Renè Magritte (1959)

Cameron però realizza un prodotto di consumo, così come Jim Steranko realizzava fumetti influenzati in modo smaccato da Salvador Dalì. Altri pittori hanno influenzato il visivo di grandi registi cinematografici. Non è affatto peregrino pensare che a livello più o meno conscio il regista statunitense non abbia metabolizzato immagini così potenti. Se lo scopo era quello di fare sentire piccoli piccoli sia i personaggi del film che gli spettatori, è ben riuscito.

Al servizio di Cameron c'è, come fu in Titanic, James Horner, che costruisce un tappeto sonoro con mestiere. Horner è uno dei maestri della narrazione sonora. Oltre al tema principale, comunque non così memorabile, ha costruiti dei brevi temi per ciascuno dei personaggi. Questi temi tornano spesso durante le vicende, anche per pochissimi secondi o frazioni, nel caso della battaglia finale. Lo scopo è una narrazione sonora che risulti al servizio del film senza essere coprente, ma che possa evocare le suggestioni delle immagini ascoltata fuori dal contesto. Mi riservo di ascoltarla in separata sede per valutare se lo scopo sia stato raggiunto. Pur tuttavia, se la ricostruzione d'ambiente e dei personaggi, e quindi l'intento di supporto narrativo sembra  raggiunto, il tema principale non sembra avere una spiccata personalità, e non rimane in testa al primo ascolto. La canzone "I see You" cantata da Leona Lewis è senza infamia e senza lode e scivola anch'essa senza lasciare traccia.

Considerato l'impegno nella ricostruzione di ogni minimo dettaglio, dalla lingua dei Na'Vi, alla ideazione di creature coerenti con l'ecosistema, le cui peculiari caratteristiche assolvono egregiamente alla funzione narrativa, c'è da ritenere che Cameron abbia in mente altre vicende ambientate su Pandora. È probabile che i prossimi film alzeranno l'asticella del virtuosismo tecnico, qui sicuramente allo "Stato dell'Arte".