Opinione che sembra essere condivisa da Margaret Weis, la quale ha indicato come suo obiettivo quello di portare i lettori a riflettere su temi quali il razzismo, l’intolleranza religiosa, l’alcolismo e la guerra anche mentre loro stanno adoperando i suoi romanzi per fuggire dal "mondo reale" (11).

Razzismo, intolleranza anche religiosa, totalitarismo. Sono tutti temi rintracciabili in un gran numero di opere. Spesso trasformati, influenzati da un’ambientazione magica che non ha corrispondenti nella nostra realtà, ma comunque riconoscibili.

Come non vedere una chiusura totale nelle idee e nelle fedi diverse dalla sua in Melisandre che, in Il regno dei lupi di George R.R. Martin, è pronta a mandare al rogo le effigi degli dei altrui perché portatrice – a suo dire – dell’unica verità e dell’unica salvezza ma al tempo stesso capace di compiere azioni che fanno venire i brividi a Davos, testimone impotente del suo potere?

Analogamente, come non vedere ben più di una traccia della convinzione che una "razza umana" sia superiore a un’altra, a stento definibile umana a sua volta, nella netta discriminazione dei Vagar da parte degli Avatar in Eco del grande canto di David Gemmell o in quella degli skaa da parte dei nobili in Mistborn. L’Ultimo Impero di Brandon Sanderson?

Fini e comportamenti totalitaristici sono abbondantemente presenti ne La spada della verità di Terry Goodkind. Esempi ne sono le disumane torturatrici Mord-Sith, create da Darken Rahl all’inizio della serie per poter più facilmente dominare il suo regno, e l’imperatore Jagang, capace di farsi largo nei sogni delle persone per costringerle a piegarsi al proprio volere.

Aderenze ancora più strette al nazismo e ai suoi metodi sono rintracciabili anche nell’opera di J.K. Rowling. Se Voldemort è temuto e riverito come Hitler, personaggi a lui fedeli come Dolores Umbridge rivelano una notevole dose di autocompiaciuta crudeltà in ogni loro azione.

Sempre pronta a infliggere punizioni brutali agli studenti che sono incorsi nella sua ira e a terrorizzare persino il corpo docente di Hogwarts, la Umbridge in Harry Potter e l’Ordine della fenice viene investita della carica di Inquisitore Supremo con il potere di compiere ispezioni a sua discrezione e di licenziare gli altri insegnanti. E, proseguendo da un’atrocità all’altra verso quegli abissi nei quali l’Oscuro Signore vorrebbe far precipitare il mondo, in Harry Potter e i Doni della Morte diventa direttrice della Commissione per il censimento dei Nati Babbani, un organo che perseguita e imprigiona i maghi e le streghe nati da genitori babbani, ritenuti da Voldemort e dai suoi accoliti  inferiori rispetto ai maghi purosangue.

Particolarmente chiaro nello spiegare le sue convinzioni, che poi costituiscono la base di molti elementi della saga che lo ha reso famoso, è stato Robert Jordan.

Sul suo blog (12) ha spiegato che ormai nella letteratura mainstream la linea di demarcazione fra bene e male è diventata sfuocata. Ormai è diventato normale sentire notizie che parlano, per esempio, di un kamikaze che ha compiuto un gesto tremendo, ma naturalmente… Ecco, quel "naturalmente" ormai abusato in qualsiasi circostanza è invariabilmente seguito dalle spiegazioni del perché quell’azione sia stata compiuta. Il gesto viene reso così comprensibile, se non proprio giustificabile, in base alle particolari circostanze in cui si è verificato, se osservato dal giusto punto di vista. Secondo questa teoria non esisterebbero bianco e nero, ma solo sfumature di grigio.

Le sfumature esistono, come dimostrato anche da molti dei suoi personaggi che si ritrovano a volte a fare scelte sbagliate o a compiere azioni terribili nel tentativo di fare la cosa che reputano giusta, ma la sua paura era che quest’attenzione alle sfumature potesse portare alla convinzione che il grigio sia l’unica cosa reale, e che tutte le verità di equivalgano.

Portare all’estremo questo ragionamento significherebbe affermare che Hitler avesse le sue ragioni per assassinare milioni di ebrei nei campi di concentramento, e che la sua idea di giusto fosse altrettanto valida di quella che la maggior parte delle persone hanno di lui e del suo operato.

E per evitare che qualcuno potesse ritenere un po’ troppo forte quest’affermazione e che il rischio da lui paventato fosse solamente ipotetico, Jordan portava l’esempio di alcuni studenti che si erano rifiutati di scrivere testi di condanna nei confronti dell’Olocausto non per inesistenti simpatie naziste ma perché non volevano esprimere un giudizio.

Sì, le aree grigie esistono, affermava Jordan. Ed esistono mali relativi. Ma oggi queste considerazioni, troppo spesso, vengono prese come scusa per poter affermare che tutto sia relativo, e che il male percepito da uno non sia più che un lieve fastidio per qualcun altro.

Relativismo o non relativismo, per quante aree di grigio possano esserci, il male esiste, affermava con convinzione lo scrittore scomparso, e lui non intendeva interrompere i suoi sforzi nel far vedere dove si trova e che cosa sia. In caso contrario un giorno potrebbe inghiottirci completamente.