Non è facile la vita, se sei morta. Questo è infatti lo status di Lucilla, il cui risveglio nella bara non è dei più facili.

Già avere tredici anni è un problema, se non sei più viva e vuoi scoprire chi ti ha uccisa come fai?

Da queste premesse parte la storia tenera e allo stesso tempo cupa e non priva di qualche crudezza di Lucilla, del commissario Lugosi, e di un giallo vero, con un mistero non banale da risolvere: Un serial killer di tredicenni.

Non mi addentro oltre nella trama, che va scoperta pagina per pagina, lasciandosi trascinare dal ritmo della narrazione.

Per svolgerla Serena Pieruccini sceglie l'alternanza di punti di vista tra Lucilla e il commissario, e ci presenta pian piano tutti gli elementi, come nel più classico dei procedural police. C'è molta, moltissima cura nello stendere questi elementi, per dare modo al piccolo lettore a cui si rivolge il romanzo, di avere tutti gli elementi per risolvere il mistero. Questo rispetto per il lettore, piccolo o grande che sia, non è affatto una banalità ormai. Insomma non aspettatevi trucchi dal romanzo, non ci sono conigli che escono dal cilindro o personaggi nascosti che saltano fuori solo nel finale.

Alla preparazione poi vengono aggiunte spruzzate di lirismo, di horror gotico e perché no, un po' splatter.

Se da un lato si potrebbe pensare ad atmosfere care a Neil Gaiman o Tim Burton, è indubbio che anche ai primigeni ispiratori dei due autori il romanzo tributa il giusto onore.

Il citazionismo di cultura pop e cinematografica, ormai immancabile, non sconfina mai nel plagio di situazioni.

Il romanzo è pensato per i piccoli, ricordandosi una volta tanto che un bambino non è un lettore disattento, anzi merita la massima cura, e gli possono anche non essere risparmiati particolari cruenti, se narrati con senso della misura. Ma una tale attenzione lo rende anche un prodotto che un genitore può leggere al proprio figlio traendone esso stesso godimento nella lettura.

Se è vero che lo stile è semplice, non è affatto banale, e denota ancora una volta una precisa volontà dell'autore nel dare una personalità al romanzo.

Una intenzione non affatto nascosta dell'autrice è restituire a grandi e piccoli, un rapporto naturale con il concetto di morte. Una cosa che capisco venendo da una terra in cui s'insegnava sin da bambini a non temere i defunti, bensì a stabilire con loro una sorta di rapporto a distanza.

Questa serenità nel trattare il tema della morte vuole però anche essere d'insegnamento a godersi al meglio la vita, per non trasformarla in una serie di occasioni sprecate, che rischiano di trasformare il trapasso in una fiera delle possibilità perdute. C'è un intento pedagogico nella narrazione delle microstorie che però non è mai didascalico.

In conclusione siamo davanti a un buon romanzo per ragazzi, che recupera il gusto di trattarli con intelligenza, lontano dalla trappole del politicamente corretto, diventato ormai una vera e propria ipocrisia.

Un buon esordio per una scrittrice da seguire in futuro.