Game of Thrones, ovvero Il trono di spade, la serie ispirata alle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin ha molti primati di ascolto, di premi vinti, di seguito presso il pubblico.

Ha un altro storico record: è il primo adattamento di una serie libraria che arriva prima del materiale originale.

La sesta stagione della serie di Benioff e Weiss, sta raccontando eventi successivi al romanzo A Dance With Dragons, mentre ancora nulla si sa della data di uscita di The Winds of Winter, sesto titolo della serie.

Nelle prime cinque puntate della stagione abbiamo assistito a morti illustri, a interessanti evoluzioni della trama, facendoci chidere, da spettatori della serie e lettori dei romanzi, quanti e quali di questi sviluppi saranno nel romanzo.

Lo sviluppo della quinta puntata, intitolata The Door, potrebbe anticipare uno misteri della saga letteraria,  ovvero l'origine del nome di Hodor?

In uno dei primi capitoli in cui si parla del personaggio, nel primo romanzo della serie, si accenna molto in breve al mistero del nome del personaggio.

Una volta, Theon Greyjoy aveva commentato che Hodor non sapeva molto, ma che nessuno avrebbe mai potuto mettere in dubbio che conoscesse il proprio nome. La Vecchia Nan aveva sorriso quando Bran gliel’aveva riferito, poi gli aveva rivelato che il vero nome di Hodor era Walder. Nessuno aveva idea da dove provenisse la parola Hodor, ma nel momento in cui il ragazzo aveva cominciato a pronunciarla, tutti avevano preso a chiamarlo così. Era sempre stata l’unica parola che avesse mai detto.

Come ormai saprete nel finale dell'episodio Meera fugge con Bran e chiede a Hodor di “tenere la porta” ("Hold the door" in inglese) per guadagnare tempo. Rimane poi questa la frase che echeggia nella versione giovane di Hodor, in una sorta di cortocircuito temporale dovuto all'intrusione della mente di Bran nella sua testa, portandolo a una specie di catelessi durante la quale la frase gradualmente si trasforma gradualmente in “Hodor”, che sarà poi l'unica parola che dirà per il resto dei suoi giorni. Un loop temporale, un paradosso in piena regola. Un evento del futuro che condiziona il passato.

Il passaggio Hold the door → Hodor come visto nella serie, non era prevedibile all'inizio della serie ed è una sfida non indifferente anche sul fronte della traduzione.

Era previsto nei romanzi? Ora non possiamo saperlo. Difficile pensare che il gioco di parole "Hold the door" che diventa una sorta di mantra, trasformandosi poi in Hodor, possa non essere stato previsto da Martin. Ma queste sono solo illazioni al momento.

Si tratta a tutti gli effetti di un altro dei primati della serie. Gli adattatori italiani del telefilm, che molta cura hanno riposto nell'adattamento, rispettando i termini ormai acclarati dei libri, come Hand of The King che diventa Primo Cavaliere, Winterfell che è Grande Inverno, etc, non hanno avuto stavolta appigli. Anzi, è molto probabile che la loro scelta possa essere il riferimento per la traduzione del romanzo.

A un primo sguardo quindi, una possibile traduzione letterale di “Hold the door” in “Blocca la porta” non darebbe l'appiglio giusto per passare alla contrazione in Hodor, se non con qualche interpretazione.

Nella versione dei subber di Italian Subs, il passaggio avviene con gradualità da Tieni la porta → Tieni duro! → Tengo duro.   →  Hodor.

Quelli di Subsfactory scelgono invece il graduale passaggio da Blocca l'orda!” → Orda → Hodor.

Gli adattatori italiani, nel momento di tradurre un dialogo adattabile al doppiaggio, dopo il primo “Tieni la porta”, fanno pronunciare a Meera “Trova il modo”  che diventa gradualmente Hodor.

Doppiare non è (solo) tradurre

Le problematiche dell'adattamento sono diverse da quelle del doppiaggio, e sono state ben spiegate da Edoardo Stoppacciaro (nella serie voce di Robb Stark e consulente della terminologia) in un articolo su www.anonimacinefili.it.

In un post su facebook il traduttore del dialogo in questione Leonardo Marcello Pignataro spiega il lavoro compiuto insieme a Matteo Amandola.  

Chiedo scusa, e soprattutto a chi tra i miei amici di Trono di Spade non ne può più, se copincollo qui un commento fatto altrove, ma almeno rispondo in blocco a chi mi chiede qui e altrove perché non si è usato "Tieni duro" o "Ferma l'orda", alternative più gettonate in giro. Preferisco fare così che "perdere" tempo a rispondere a tutti – sono dell'idea che una risposta la si deve sempre, so' fatto all'antica – o copincollare per ogni risposta. E come sempre, pax et bonum a tutti!

"Tengo duro" non tiene, purtroppo, conto di registro (così come in senso opposto sarebbe stato "ferma l'orda", registro troppo alto in bocca a Meera) – Meera direbbe a Hodor "tieni duro", espressione da dialogo da film western, hardboiled, da allenatore che urla al suo quarterback in fuga verso la meta o da Rocky Ventitreesimo? – di possibili equivoci sessuali – immaginate Hodor/ Meera che ripete "tengo / tieni duro, tengo / tieni duro, tengo / tieni duro" -, e non permetteva un passaggio fonetico perfetto – il sottotitolo ha il vantaggio di avere la traccia audio che rende meglio possibile immaginarlo o identificarlo. Detto questo, in tutte le discussioni che ho letto, nessuno ha segnalato il fatto che qualsiasi soluzione italiana è imperfetta ed errata per il semplice motivo che noi non abbiamo l'acca aspirata. Cioè, da parlanti italiani accettiamo di pronunciare "Hodor" come "Odor" per le soluzioni proposte, ma poi non accettiamo che manchi il perfetto riferimento a "Hold the Door" che proprio da quell'attacco aspirato parte per arrivare a "Hodor". Quindi tutte le soluzioni sono "sbagliate" e quindi, per proprietà transitiva, se una delle soluzioni "sbagliate" è "giusta", tutte sono "giuste". Matteo Amandola ne ha scelta una – così come un traduttore sceglie una resa possibile tra le tante che ha davanti, perché come sapete, non esiste "la traduzione", ma esistono "le traduzioni" – e ha, con tutta la professionalità ed esperienza che lo connotano, trattato perfettamente quello che in traduttologia si chiama "residuo traduttorio" (il tanto famigerato e abusato "lost in translation"). La sua resa presenta tutti gli elementi necessari a far comprendere allo spettatore il passaggio senza perdere nulla: si parte da un "Blocca la porta!" per passare a "Trova un modo" per arrivare al passaggio fonetico, incompleto come dicevo prima, ma "accettato" dal parlante italiano. È la realtà della traduzione e come dicono giustamente molti voci assennate che ho con sollievo letto, qualcosa si perde, sempre. A chi mi dice "I film vanno visti sempre in lingua originale" risponderò solo quando mi dirà anche "Io seguo tutta la nuova cinematografia nepalese – che vi assicuro merita – in lingua originale", e a chi mi parla di sottotitoli come unica ratio – e ribadisco, come unica ratio -, gli darò ragione solo quando mi mostrerà un video di lui, o lei, che si gode GoT – o La casa nella prateria o Violeta, così ce li mettiamo tutti! – con i sottotitoli con la nonna o il fratellino di 10 anni (la sorellina me sa che vede GoT!). E sul fatto che film in originale e/o sottotitolati aiutino a imparare una lingua, non rispondo neppure, perché non ho le competenze per farlo, ma posso passare fior fior di letteratura specialistica che dimostra il contrario, ovvero che se già non c'è un'ottima competenza passiva/attiva di partenza a poco servono. Chiedo venia per il pippone, ma mi pareva il caso di sottolineare a quali e quanti vincoli va incontro il doppiaggio, traduzione diamesica – ovvero che deve passare da un mezzo di comunicazione all'altro – per eccellenza e non per nulla definita "the most challenging of translations"! (Avevo dimenticato la faccetta sorridente, nunsiamai! Eccovela :-) )

La voce degli adattatori

Da un punto di vista informativo spiega gran parte del lavoro compiuto, aprendo uno squarcio nei segreti del doppiaggio. Ho ritenuto interessante porre ai due adattatori alcune domande, cercando di completare l'informazione. Di seguito le loro risposte, per le quali li ringrazio per la cortesia e la minuzia dei dettagli.

Quanto tempo prima della messa in onda è arrivato il copione da tradurre?

MATTEO: Il copione dell’episodio 605 è arrivato il 29 aprile, ovvero un mese prima della messa in onda dell’episodio doppiato in italiano. Il copione adattato è stato da me consegnato il 9 maggio dopodiché è partito subito il doppiaggio della puntata.

LEONARDO: Come spesso accade per questa stesa, lo script è arrivato un paio di giorni prima del video e considerati i tempi stretti, avevo cominciato già a tradurlo, in attesa poi di verificare il tutto a video (Non lavoro mai alla traduzione di uno script senza avere anche davanti il video. Spesso nello script ci sono errori di rilevamento, a volte lo script non è quello definitivo – penso che i lettori conoscano la differenza tra un copione e un (tran)script – ci sono anche discrepanze nella sequenza delle scene, per probabili cambiamenti e tagli operati all’ultimo momento in fase di montaggio. Quindi è il video che ha l’ultima parola). E avevo già annunciato a Matteo le due difficoltà che l’episodio presentava, ovvero i guitti che recitano in rima a Braavos e la scena finale con il fatidico “Hold the door”.

La farsa rappresentata a Braavos
La farsa rappresentata a Braavos

Quando poi è arrivato il video, vi lascio immaginare il mio sbigottimento davanti al primo piano del pene del giovane attore! La scena ovviamente non era descritta, come nel caso delle altre, nello script, ma c’erano solo le due battute sulle due verruche. Immaginate il mio stupore quando ho visto dov’erano… ho riso per mezz’ora! Una scena assolutamente inutile che però dà la misura della mutata qualità della serie. L’assenza della penna di Martin è lampante. C’è pochissima “scrittura” e molta, troppa sceneggiatura. Ma c’era da aspettarselo e forse è giusto che sia così. Le plotline aperte sono tante e la sola scrittura non basta per 10 puntate.

Sono tempi più ristretti rispetto a quelli di altre serie TV o film?

MATTEO: Partendo dal fatto che, purtroppo, i tempi sono sempre stretti pressoché per qualunque prodotto ci si trovi ad affrontare, Il Trono di Spade (così come molte altre serie Tv di punta), andando in onda quasi in contemporanea con gli Stati Uniti presenta dei tempi di lavorazione ancora più stretti del solito. Inoltre bisogna fare i conti con la qualità del materiale su cui io e Francesca Raffi (l’altra adattatrice della serie) ci troviamo a lavorare. Infatti i video su cui operiamo, per una questione di sicurezza, sono in bianco e nero e presentano, ben visibili in sovraimpressione, vari loghi: quello della HBO (la produttrice della serie); quello di Sky Italia (la rete emittente); e quello della CDC Sefit Group (la società che si occupa del doppiaggio). Tutto questo non rende certo agevole il nostro lavoro e tantomeno quello dei doppiatori in sala. Tuttavia, data l’importanza e il seguito di cui attualmente gode la serie, è inevitabile prendere tutte le precauzioni del caso per fare in modo che il materiale non possa essere usato per scopi impropri addirittura ancor prima della sua messa in onda ufficiale.

LEONARDO: per la traduzione di GoT abbiamo con Matteo l’accordo di una traduzione scaglionata, cosa che di solito non facciamo – cioè, gli consegno uno script tradotto per intero, pratica palesemente più efficace e corretta da un punto di vista di resa finale – proprio per velocizzare i tempi. E a volte capita che in corso d’opera scriva a Matteo per correggere qualcosa sulla base di “illuminazioni” o chiarificazioni successive alla consegna della tranche.

La soluzione definitiva è quella della prima traduzione o è stata trovata in sala doppiaggio?

MATTEO: La soluzione definitiva non viene né dalla traduzione né dalla sala doppiaggio, ma da una riflessione fatta da me chiacchierando della battuta con altre due persone una sera a cena davanti a una pizza (a volte l’ispirazione viene nei momenti più impensati). In sala, poi, il direttore Sandro Acerbo, dopo essersi consultato con la curatrice di Edizione per Sky Paola Rongione, l’ha ritenuta valida ed ha deciso di lasciarla nel doppiaggio. Il tocco finale lo ha infine messo il bravissimo doppiatore Massimiliano Virgilii con la sua voce. In pratica è stato un lavoro di squadra, come spesso accade nel nostro mestiere.

LEONARDO: A differenza di altri casi, in cui suggerisco a Matteo delle soluzioni possibili, questa volta mi sono limitato a segnalare e spiegare il passaggio da “Hold the door” a “Hodor”, anche perché ne avevamo già parlato al telefono e perché mi ero più a lungo soffermato sulle rime della scena dei guitti a Braavos.

Pensate che, qualora la scena sarà presente nei romanzi, la vostra scelta sarà adottata dal traduttore?

MATTEO: Beh, a questo può forse rispondere meglio Leonardo. Io, da adattatore, posso solo dire che il labiale, nell’adattamento, è un vero e proprio dittatore e questo limita parecchio le possibilità di scelta di soluzioni valide in casi simili. Certo, sarei onorato di vedere una mia soluzione ripresa anche nel libro ma, forse, a livello editoriale si può trovare qualcosa di più fedele all’originale… o forse no.

Sam Coleman è Wilys, ossia Hodor da ragazzo
Sam Coleman è Wilys, ossia Hodor da ragazzo

LEONARDO: Difficile dirlo. Anche perché la domanda da farsi è: “Ci sarà la scena nel romanzo?” In fondo è una scena che ha scarsissima funzione narrativa, quasi nulla. Riesce a essere coinvolgente com’è a video, ma non ne vedo il senso in una plot-line. Inoltre ci sono due problemi: uno è rappresentato dal fatto che, come hai ricordato tu, nel primo libro la Vecchia Nan racconta a Bran di Hodor, dicendo che il suo vero nome è Walder – mentre nel telefilm è Wilys – e Walder pronunciato da una persona con problemi come quelli del personaggio in questione può facilmente diventare “Hodor”. Tra l’altro, la cosa che mi ha molto divertito in tutta la diatriba “calcistica” su “Hold the door -> Hodor” è vedere come ci si sia accaniti sulle varie possibili soluzioni “giuste” partendo dalla pronuncia sbagliata, ovvero senza l’acca aspirata. Tanto “Hodor” che “Hold the door” la presentano, e in maniera pronunciata. L’altro problema è rappresentato dal significato di “Hold the door”. Se lo si dice a un anglofono, la prima cosa che farà è tenerla aperta, la porta – come si può vedere nelle tante parodie che girano ormai in web – e se a video l’invito di Meera a bloccare la porta urlando “Hold the door” può funzionare perché sostenuto dalle immagini, mi chiedo se sarebbe altrettanto vero sulla pagina scritta.

Facendo un passo indietro, quali difficoltà vi pone il dover usare invece alcuni dei termini dei romanzi a prescindere dal labiale?

MATTEO: A livello di adattamento ci sono dei termini che, appunto perché così tradotti nel romanzo, non possono essere cambiati. Questo genera diversi problemi di lunghezza delle battute. Il primo che mi viene in mente è Riverrun, Delta delle Acque. Qui è evidente la  lunghezza del nome italiano rispetto a quello inglese. Stesso problema si pone per la roccaforte degli Arryn, The Eyrie, il Nido dell’Aquila. Ci sono sicuramente molti altri esempi che potrei fare ma questi già rendono un po’ l’idea dei problemi davanti ai quali posso trovarmi. Più raro, invece, è che un nome inglese risulti più lungo rispetto a quello italiano.

Delta delle Acque
Delta delle Acque

LEONARDO: A livello di traduzione, la sola difficoltà è quella di dover andare a cercare – anche se ormai mi sono compilato un glossario allo scopo – nei libri come sono stati tradotti. In questo mi aiuta molto disporre delle versioni e-book sia della versione inglese sia di quella italiana, per risalire alle rese dei traduttori italiani da un controllo incrociato. A scanso di equivoci, però, ogni volta che ricorrono questi termini o nomi, riporto per Matteo anche l’equivalente inglese in parentesi quadre.

Come le risolvete?

Nell’adattamento cerco, in pratica, di “accorciare” la battuta per fare in modo che il nome italiano vi possa “entrare” pur mantenendo il senso originale della battuta stessa. Se poi la battuta, nonostante i miei sforzi per accorciarla, resta comunque un po’ lunga, confido nella bravura dei doppiatori che dovranno recitarla in sala. Questo, ad esempio, può capitare quando mi trovo di fronte al motto di una delle Casate. In questi casi, infatti, il motto non può essere certo cambiato.

Summer ovvero Estate, uno dei metalupi di Game of Thrones
Summer ovvero Estate, uno dei metalupi di Game of Thrones

Altro problema poi lo presentano le eventuali labiali che posso incontrare. Ad esempio “Summer”, il lupo di Bran, in italiano è ovviamente “Estate” ed altrettanto ovviamente non posso pensare di cambiarlo con un altro nome che contenga delle labiali. Quindi, nonostante possa agli occhi non essere bellissimo da vedere, in questi casi lascio perdere le labiali e tengo in toto la traduzione letterale.