Paolo, ci racconti come hai iniziato a occuparti di illustrazione?

L'inizio è la passione per il disegno, copiando le immagini che mi piacevano di più, ma professionalmente l'inizio è stato più complicato, visto che all'epoca non c'era internet: quando un libro illustrato mi piaceva particolarmente mi segnavo il nome della casa editrice, ne cercavo il numero di telefono (sugli elenchi della Sip), chiamavo e chiedevo se erano interessati a vedere i miei lavori. Alcuni mi hanno detto di sì, altri di no, altri ancora mi hanno indirizzato alle agenzie da cui si servivano, e da lì è nato tutto.

Nel 2004 hai realizzato la copertina del primo libro de Le Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi, un enorme e immediato successo: cos'è cambiato dopo quel libro?

Beh, direi tutto. Sicuramente quello di Licia è il libro che ha fatto conoscere il mio nome al grande pubblico, e da lì si sono aperte altre porte.

Parliamo della tua tecnica. Nella mostra che quest'anno ti ha dedicato Lucca Comics and Games esponi sia schizzi preparatori a matita che tavole finite, tutte o quasi realizzate in digitale. Come mai la scelta del digitale?

All'inizio non lavoravo al computer: non lo conoscevo e, sinceramente, facevo un po' resistenza. Un amico ha cercato di convincermi per mesi, prima di riuscire a smuovermi, poi una sera ho ceduto e dopocena sono andato da lui a provare Painter sul suo computer: sono tornato a casa alle 3 di notte. Il giorno dopo, davanti al foglio bianco, mi sono accorto che qualcosa era cambiato. È un mezzo che offre grandissima libertà d'espressione.

Oggi che tecniche usi?

Photoshop, principalmente, disegnando con la tavoletta grafica. Ma continuo a disegnare gli schizzi a matita.

Tra le opere esposte alla mostra ci sono anche le copertine che hai realizzato per Sanctuary e
Sanctuary (di Paolo Barbieri)
Sanctuary (di Paolo Barbieri)
per Alice nel Paese della Vaporità. Lavori con un carattere assolutamente originale, non a caso sono state selezionate dalla prestigiosa rivista Spectrum, un onore che capita a pochi illustratori. Ce ne vuoi parlare?

Ho partecipato molto volentieri a Sanctuary, sia per fare un favore a un amico, sia perché era un progetto a scopo benefico. L'editore (Asengard, n.d.r.) mi ha lasciato assoluta libertà di lavoro, cosa che capita raramente, e io ho potuto sperimentare. Quella copertina ha poi portato ad Alice.

Che consigli daresti a un giovane illustratore?

Essere umile, saper accettare i rifiuti. È un'abitudine quasi scomparsa. A volte bisogna tornare sulle proprie posizioni e ricominciare, senza scordare che non è un lavoro per tutti; l'esercizio conta ma ci vuole un po' di talento su cui lavorare.

È importante anche farsi le ossa, fare la proverbiale gavetta. I ragazzi vorrebbero avere immediato successo, lavorare subito con la Marvel e simili. A volte può anche capitare, ma di solito è un percorso più lungo. Ogni lavoro conta, però. Pensa che prima di realizzare la mia prima copertina io ho disegnato biglietti d'auguri per quattro anni. Però quel lavoro mi ha insegnato a disegnare meglio i fiori, per esempio, che prima non mi venivano granché. Tutto serve. 

Favole degli Dei è il primo libro di cui realizzi sia immagini che testo: com'è nato questo lavoro?

In realtà inizialmente io avevo realizzato delle brevi storie che dovevano accompagnare le immagini, ma senza pensare di pubblicarle. Lavorandoci, però, ho realizzato quasi senza volere un editing molto preciso, e quando ho presentato il lavoro in Mondadori è piaciuto, tanto che mi hanno offerto di realizzare anche i testi del libro. 

Hai in programma altri titoli di cui vuoi realizzare testo e immagini?

(ride) Di solito non amo i sequel. Diciamo che dovrebbe essere qualcosa di molto diverso, e di cui sono altrettanto convinto. 

Quali saranno i tuoi prossimi progetti?

Il primo è la copertina del prossimo libro di Terry Brooks, in uscita prossimamente qui in Italia, e poi molte, molte altre copertine.