Caro Umberto, benvenuto su Fantasy Magazine.

Ciao a tutti e grazie a voi per l’ospitalità.

Chi è Umberto Maggesi?

Domanda impegnativa… semplificando possiamo dire: uno che per sopravvivere fa il chimico e per vivere legge tantissimo, scrive appena può, insegna e pratica Qwan Ki Do con costanza.

Abbiamo appurato che Qwan Ki Do e narrativa costituiscono dunque due aspetti fondamentali della tua vita. Ma: cosa ha dato il maestro d’arti marziali allo scrittore e cosa ha dato lo scrittore al maestro?

L’arte marziale in generale, mi ha insegnato la costanza e l’umiltà. Lavorare duramente per un obiettivo non era nel mio DNA adolescenziale, ma anno dopo anno ho scoperto questo valore importantissimo in ogni aspetto della vita. L’umiltà è arrivata più tardi, soprattutto quando ho cominciato a insegnare. Purtroppo nel mondo delle arti marziali c’è il grosso pregiudizio che un maestro sia una persona arrivata, che ha solo da dare e niente da ricevere. Nulla può essere più sbagliato, ho imparato tanto dai miei allievi e in primis a non sentirmi mai arrivato, accostarmi con umiltà a ogni cosa, accettare le critiche valorizzandole come metodo per migliorare. Scrivere è un modo per fare autoanalisi, mettere ordine nel caos della vita. Lo scrittore ha dato equilibrio al maestro, prospettiva per guardare le cose da più punti di vista e con un certo distacco.

E’ logico ora parlare di Nhan Bu – La scuola dello stagno, edito da Mursia. Libro storico, esotico e avventuroso, fiction sulle arti marziali ma anche romanzo di formazione, avendo per protagonista principale un bambino sul sentiero dell’apprendimento, ma anche in crescita. Cosa ci racconti di questo libro? Della sua ambientazione. Dei personaggi che lo popolano.

Sono particolarmente affezionato a Nhan Bu perché coniuga le due grandi passioni della mia vita. C’è l’esperienza di Umberto allievo e quella di insegnante, c’è l’amore per un tempo lontano dove l’arte marziale era vissuta in maniera profonda e totale. Quando ho deciso di scrivere di queste cose, c’era il bisogno di collocarle in un contesto storico adatto. Ho scelto il XIII secolo per due ragioni: proprio in quegli anni, in Viet Nam, c’è stata una fioritura delle arti marziali, con la nascita dell’università reale di Thang Long (antica Hanoi). Poi ci sono state le tre invasioni mongole, tutte respinte, non solo dall’esercito vietnamita, ma dalla forte resistenza della popolazione. Una popolazione eterogenea, fatta di numerose etnie e strati sociali, che ha saputo far fronte comune contro l’invasore. Per lo più racconto del rapporto maestro allievo, del difficile percorso dell’apprendimento marziale.

Sulle arti marziali non hai certo problemi di competenza. Per il resto, quanto hai dedicato al lavoro di documentazione, con particolare riferimento a quella storica?