La differenza principale fra un racconto e un romanzo è la dimensione dell’idea. Se si tratta di un episodio incentrato su un unico elemento allora può nascere un racconto. Se invece vanno raccordati diversi fattori, sono necessarie parecchie spiegazioni e il quadro d’insieme che viene composto alla fine è molto articolato, lo sbocco naturale dell’idea è un romanzo. Si tratta solo di semplicità maggiore o minore della struttura, o della quantità di elementi che compongono la storia a determinare la lunghezza, senza che questo influenzi in alcun modo la qualità.

La cosa dovrebbe essere ovvia, e diviene particolarmente evidente quando ci si trova a leggere racconti di un’autrice già nota per i suoi romanzi. Già in semplice incipit “Non sopporto le fate quando vengono al bar: non lasciano mai la mancia” è sufficiente a rivelare il tocco ironico di Charlaine Harris.

Un tocco di morte è un’antologia di racconti brevi, cinque in tutto, che si leggono in un soffio. L’atmosfera è più leggera rispetto a quella dei romanzi del ciclo The Southern Vampire Mysteries, anche se pure lì non mancano i momenti di relax e di puro divertimento. In questo caso però, anche se in alcuni momenti Sookie Stakhouse, la cameriera che vede nella propria capacità telepatica più un’infermità che un dono, se la vede brutta, non si arriva mai a toccare i toni più cupi e inquietanti di alcuni passi dei suoi romanzi. Come ha scritto la stessa Harris nell’introduzione, è come se alla protagonista fossero stati regalati alcuni momenti di festa fra l’uno e l’altro degli episodi mozzafiato che la coinvolgono.

I racconti si collocano fra un romanzo e l’altro, e chi dovesse leggerli senza aver finito di leggere i volumi pubblicati fino all’ottavo, Di morto in peggio, finirebbe per incorrere in alcuni spoiler.

Polvere di fate

La struttura di base è quella di un giallo, con un omicidio e tre possibili colpevoli. Solo che la vittima è una fata, e questo consente alla Harris di esplorare un po’ natura e caratteristiche delle creature magiche e di ricordarci che quella che conosciamo noi non è l’unica forma possibile di giustizia.

Tanti auguri, Dracula

Spunto leggero, una ricorrenza da festeggiare, per un racconto che a un certo punto sembra poter prendere una svolta decisamente cupa. E che dimostra come a volte la cultura, più che l’essere dotati di poteri molto speciali, possa aiutare a risolvere una situazione complicata.

Risposta lapidaria

Un tuffo nella vita di Sookie per quello che è probabilmente il miglior racconto dell’antologia. Non si tratta, in questo caso, di un’avventura nella quale la protagonista è stata coinvolta suo malgrado, ma di qualcosa che la tocca da vicino, e l’impatto emotivo che ne risulta è molto più forte. E il colpo di scena finale impreziosisce l’intero testo.

Fortuna

Due problemi banali legati alla figlia adolescente e al lavoro, quanto di più normale potrebbe capitare a chiunque se non fosse che la vicenda è ambientata a Bon Temps, cittadina nella quale è perfettamente normale incontrare creature quali vampiri e streghe. Il consueto tocco d’umorismo non basta a rendere l’episodio nulla più di quello che è: due problemi tanto banali che si potrebbe anche fare a meno di parlarne.

Carta da regalo

Un tocco di mistero aleggia per tutto il racconto, fino alla conclusione che scioglie in modo sorprendente ogni dubbio. La vita di Sookie, il suo carattere, ma anche nuovi aspetti del mondo fatato emergono con forza in quello che la Harris ha concepito come un bel dono per la sua protagonista. Perché anche i personaggi inventati a volte hanno bisogno di rifiatare fra un’avventura e l’altra e di rilassarsi un po’.