I fuochi del cielo di Robert Jordan si era chiuso con lo scontro fra Rand e Rahvin, e nuovi interrogativi sul destino del trono di Andor. Esattamente un anno dopo il quinto volume Fanucci ha finalmente pubblicato il seguito della storia, Il signore del Caos.

Diciamolo subito, l’attesa fra un libro e l’altro è troppo lunga, sia considerando il fatto che questi libri, in lingua originale, sono in commercio da un decennio, sia perché la fattura del libro stesso non è affatto migliorata. Come nel volume precedente refusi, errori di stampa e tempi dei verbi sbagliati abbondano e rendono la lettura meno piacevole di quanto potrebbe essere.

La traduttrice, Valeria Ciocci, è stata confermata anche per il settimo volume, anche se molti lettori ne auspicavano la sostituzione. Ma cambiare traduttore a metà di una saga così lunga e complessa non è facile. Se il nuovo traduttore non ha il tempo o la voglia di rileggersi i volumi precedenti, infatti, possono emergere incongruenze notevoli fra un libro e l’altro.

Faccio solo un paio di esempi per chiarire meglio il problema: l’antologia Legends 2 pubblicata da Sperling&Kupfer comprende il racconto Nuova primavera, successivamente pubblicato da Fanucci nella sua versione integrale. Ma poiché la traduttrice dell’antologia è Marina Deppisch, molti termini vengono tradotti in modo diverso. Il “Warder”, che noi conosciamo come “Custode”, qui diventa “Guardia del corpo”, mentre “The Dark One”, il “Tenebroso” della saga, diventa il “Male Supremo”. A mio giudizio, quindi, un cambio di traduttore rischierebbe di comportare per i lettori più svantaggi che benefici.

Quanto al romanzo stesso, è difficile darne un giudizio netto: si tratta di un libro inutile o di un capolavoro? Libro inutile perché sostanzialmente la storia non procede. È vero, avvengono parecchie cose, e non potrebbe essere altrimenti in un libro di oltre mille pagine, ma di significativi passi avanti verso Tarmon Gai’ don non se ne vedono. Più che una successione di eventi e il loro sviluppo, è il Caos a dominare in questo libro.

Già nel lunghissimo prologo l’autore ci aveva avvisati, con la voce stessa del Tenebroso: “Lasciate che il Signore del caos governi.” Eliminati quindi sul nascere gli eventuali propositi dei Reietti di misurarsi con Rand, abbondano al contrario gli intrighi di corte. Ma se si eccettuano montagne di parole questi complotti producono, per ora, pochi risultati concreti.

Il vecchio ordine sociale, retto fino a poco tempo fa da personaggi carismatici o istituzioni forti, non è più in grado di assicurare stabilità al Mondo. Morgase, almeno apparentemente, è fuori gioco, mentre le Aes Sedai sono frantumate in frazioni in lotta fra loro, e sembrano aver perso di vista le cose più importanti.

Rand viaggia continuamente fra Cairhien e Caemlyn, nel vano tentativo di controllare tutto. Smessi ormai definitivamente i panni del pastore che deve essere guidato da persone più sagge di lui, ora è un vero governante, ma i troppi problemi che è costretto ad affrontare rischiano di bloccare ogni tipo di azione.

In movimento ci sono non meno di una decina di eserciti variamente assortiti, ma saranno ben pochi quelli che riusciranno a ricoprire un ruolo superiore rispetto a quello di una comparsa.

Nynaeve continua a tirarsi la treccia per la frustrazione, anche se proprio lei avrà la soddisfazione di essere la protagonista di uno dei pochi, veri, colpi di scena del libro. Ma, c’è anche da aggiungere, la trama in cui l’ex-sapiente si muove rimane, almeno per ora, senza un vero finale.

Dall’altro lato, però, sta la grande abilità narrativa di Robert Jordan. Nulla è lasciato al caso, e anche i più piccoli dettagli contribuiscono a creare un articolato quadro d’insieme, o a delineare una diversa cultura.

I viaggi di Rand, per esempio, rendono evidenti le differenze culturali e sociali fra Andor e Cairhien, e anche la complessità degli Aiel, inizialmente presentati solo come abilissimi guerrieri, si mostra sempre più chiaramente.

Dettagli che nei volumi precedenti potevano apparire marginali trovano qui una loro spiegazione, e si inizia finalmente ad avere un quadro più preciso di quanto era avvenuto durante l’ultimo scontro con il Tenebroso.

I Reietti smettono di essere dei semplici avversari, potenti ma anonimi, e destinati a cadere inevitabilmente sotto i colpi di Rand, per divenire dei veri personaggi, con il loro carattere e la loro personalità. E si rivelano capaci anche di tramare intrighi per i loro esclusivi fini personali. Il Caos, quindi, dilaga tanto fra le forze della Luce quanto fra quelle delle Tenebre.

La storia di Egwene subisce una svolta improvvisa, tanto imprevedibile quanto importante. A ben vedere un consistente indizio era stato fornito già nel terzo romanzo, ma il modo in cui avviene il tutto lascia letteralmente senza parole. Ed è certamente il preludio di grandi cose per il futuro.

Ricompare Perrin, totalmente assente nel quinto volume. Malgrado il fatto che neanche qui lo si veda a lungo, il giovane fabbro riesce ugualmente ad essere il protagonista di uno dei momenti più divertenti del libro, e a non mancare l’appuntamento con quello più importante.

Per chiudere, il finale. Come al solito, in poche pagine Jordan raccoglie buona parte di ciò che aveva seminato in un volume dalla mole più che consistente. Dopo pagine e pagine di parole e di una situazione fondamentalmente statica, tutto si anima all’improvviso nel precipitare degli eventi. Parlano finalmente le armi e la magia, al pieno delle loro potenzialità. E quando l’azione termina le ultime frasi assumono un tono epico.

Probabilmente il libro scontenterà in parte l'impazienza di arrivare allo scontro finale, ma non mancherà di far trascorrere dei bellissimi momenti a chi cerca soprattutto una storia che sia contemporaneamente coinvolgente e ben scritta. Da questi due punti di vista, il nome di Robert Jordan continua ad essere una garanzia.