Il termine pirata, può essere cucito addosso a qualsiasi manigoldo dedito a furti e rapimenti in mare aperto. Da quando esistono le navi, c’è sempre stato qualcuno che ha voluto depredarle. C’erano pirati ai tempi dei Grechi, degli Egizi e dei Romani. E ci sono pirati ancora oggi.
Eppure, nella nostra mente, quella parola evoca inevitabilmente un’epoca ben precisa, fatta di uomini col cappello di tricorno in testa e la sciabola in mano, con gli stivale i di cuoio ben piantati sulle assi di un romantico veliero o sul pontile di un porto all’ombra del sole tropicale.
Stiamo parlando della cosiddetta Epoca d’Oro della Pirateria, un periodo storico ben preciso, con una collocazione geografica altrettanto esatta, tanto caratteristico e affascinante per noi uomini moderni da avere un posto d’onore nell’immaginario collettivo, al pari di epoche storiche come il Far West.
I Caraibi spagnoli
Più o meno tutto ha inizio quando, nel sedicesimo secolo, Spagna e Inghilterra si contendevano le rotte commerciali marittime dell’Atlantico. E in un tempo in cui non esistevano treni, automobili e aerei, i commerci per mare erano davvero molto, molto vantaggiosi. Senza contare i fatto che alla fine del secolo precedente un certo Cristoforo Colombo, dai più definito un pazzo e un sognatore, aveva avuto il coraggio di navigare verso ovest, per cercare una rotta che collegasse l’Europa alle Indie. Trovò quello che più tardi prese il nome di Continente Americano, nuova flora, fauna e nuovi popoli. E soprattutto, nuovo oro.
Versò al metà del diciassettesimo secolo l’allora potentissimo impero spagnolo aveva dichiarato ufficialmente il monopolio commerciale nelle ricche Antille, tappa obbligata dell’oro sudamericano per arrivare nel Vecchio Continente. Il tutto proprio in virtù dell’approdo di colombo nel 1493 a St.Croix. I coloni non spagnoli, francesi, inglesi e olandesi per di più, vivevano quasi tutti sull’isola di Hispaniola (dove ci sono l’odierna Haiti e Santo Domingo), dove vivendo di allevamento e un po’ di agricoltura.
La capanna per affumicare la carne, in francese, si chiamava boucan e gli abitanti del luogo presero il nome di bucanieri. Il governo spagnolo non gradì, e mandò l’esercito. I coloni furono costretti a rifugiarsi nell’isola di Tortuga, guidati dal francese Lavasseur, e nel 1640 fondarono la Fratellanza della Costa, smisero di affumicare carne e si risolsero a depredare le navi spagnole. L’unica cosa che continuarono a coltivare fu la canna da zucchero, dalla quale si distilla un liquore molto calorico e ad alta gradazione: il rum. Tortuga era diventa una repubblica di pirati, ed ebbe così inizio l’Epoca d’Oro della Pirateria (qualche studioso usa questo nome solo per l'ultimo periodo, però, dal 1715 in poi).
I Fratelli dela Costa e il Codice
Fu redatto un vero e proprio Codice Etico dei Pirati (Code of the Brethren States), che conteneva regole di massima per tutte le navi della Fratellanza. Ovviamente ogni vascello, poi, era una storia a sé. Prima del contratto d’imbarco, ogni pirata visionava il codice per decidere se era di suo gradimento.
Comunque esistono testimonianze scritte del codice, redatte qualche anno più tardi da famosi filibustieri. Ci sono i codici di Edward Low e John Phillips, capitano pirata del Revenge. Il più famoso è quello di Black Bart Roberts, stilato nel 1721. Ispirato, pare, alla versione di Morgan. Naturalmente ce ne sono molti altri, che presentano anche grandi differenze da questo. Quelli che contengono elementi troppo “romantici”, come rimandi all’onore, ai duelli o al rispetto delle donne a bordo, di solito sono dei falsi del XIX secolo, epoca d’oro dei romanzi d’appendice.
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