4 ottobre 1666. Sono cinque mesi che Guillaume Verdomeille non mette piede a terra, e ora deve già ripartire. L’alba sembra un immenso rogo mentre il marinaio trascina i piedi sulla baia all’ombra di quello che resta di Fort de Rocher, sull’isola di Tortuga. Guillaume, viene detto Guy il Braccio, per l’abilità nel lancio delle granate e perché i suoi compagni inglesi non riescono a pronunciare il suo nome. Ha poco più di venticinque anni, ma sembra molto più vecchio; bazzica da quelle parti da tutta la vita.

Meno di quindici di anni prima, il filibustiere Michel le Basque  assalì con due golette la nave dove Guy viveva insieme alla madre, domestica personale del capitano. Il nostro allora giovane francese era imbarcato sul galeone Fils du Vent. Le Basque lo arruolò a forza.  Guillaume scalpitava e piangeva, mentre la madre veniva trascinata in catene sull’altra nave pirata.

Rapito

I pirati ficcarono nella gola di Guy quello che lui stesso, tempo dopo, imparò a dare ad altri; un miscuglio di whisky, rhum, laudano e oppio che induce un sonno profondissimo ricco di sogni tormentati. Si era svegliato il giorno dopo sul Trisquel, un legno solido e volce. Mese dopo mese aveva finito per abituarsi alla vita di bordo. Non avrebbe mai più rivisto la madre. Niente di strano. Ai suoi tempi l’arruolamento a forza era la pratica più comune fra i filibustieri. Venivano catturati soprattutto gli adolescenti, i meno restii a recidere i legami con la famiglia; chi ce li aveva, una madre e un padre, almeno.

E così per Guy era passato un anno dopo l’altro. Aveva imparato tutto sulla vita di bordo e sulla navigazione. Conosceva le stelle, i venti, e sapeva usare il sestante. Si era abituato a dormire a contattato col  legno umido notte dopo notte, vicino ai suoi maleodoranti compagni; il puzzo degli uoimini riusciva a essere sopportabile solo perché di giorno il legno del ponte era anche peggio, con terribili esalazioni di muffa ed escrementi. Eppure amava quel vecchio scafo, di cui ora conosceva ogni singolo sartiame, ogni scheggia rosa dai topi.

Quando il sole splendeva senza una nuvola e il dio del mare non agitava le spalle per far salire qualche onda, sedersi sul ponte a rappezzare le vele poteva essere piacevole. Sempre meglio che navigare nelle gelide acque del nord dell’Atlantico, dove le onde sono alte come montagne, o fermarsi vicino alla Terra del Fuoco, dove il vento freddo ti taglia la faccia. I Caraibi hanno i loro vantaggi, in fatto di clima. E non solo.

In tutta la sua onorata carriera di filibustiere, Guy aveva depredato una ventina di velieri, più un numero di cui aveva perso il conto di piccole mercantili e golette. Nelle settimane di magra, la ciurma del Trisquel non disdegnava di attaccare qualche peschereccio di maledetti spagnoli, per derubarli di tutto il pesce. Procurasi il cibo, per un pirata, è uno dei problemi principali.

Eppure, quelle poche settimane che si restava a terra, Guillome tornava così ricco di bottino che tutte le prostitute del porto facevano a gara per passare la notte con lui. Guy, per via della sua abilità con le granate, che era capace di lanciare da grande distanza con estrema precisione, e un certo carattere pignolo, si era guadagnato la responsabilità dell’armeria, dopo soli sette anni di servizio. Il bottino, per lui, consisteva in una parte e un mezza, come recitava il Codice della Fratellanza stilato dallo stesso capitano, che Guy aveva firmato il giorno in cui da mozzo era passato a marinaio. Il Codice era uno statuto vero e proprio, e vincolava Guy al capitano  fino alla cattura o alla morte du uno dei due.

Sperperare una fortuna

La Madre di Guy guadagnava un pezzo da otto al mese, sul Fils du Vent. Quando il nostro amico pirata è sbarcato una settimana fa, aveva in tasca mille pezzi da otto. Si ferma un attimo e apre il palmo. Quella monetina è tutto ciò che gli rimane. Li ha spesi tutti.

Non è difficile per gente come lui sperperare in pochi giorni un anno intero di bottino. Tortuga, i porti della Giamaica, Port Royal e Maracaibo sono posti fatti apposta per questo. La compagnia femminile è il sogno agognato da ogni uomo di mare, specie per i pirati, che certo non hanno le stesse soste previste dalla Marina Reale, durante l’anno.

E così le prostitute della Testa di Porco, o della Mano Nera, le locande preferite da Guy, sono già li sul molo a salutare col viso imbellettato e il seno scoperto i baldi marinai, pronte a gozzovigliare, e a sperperare l’oro.

Dal canto suo, Guy ha passato gli ultimi quattro giorni con la Rossa. Le ha comprato vestiti nuovi, gioielli da quel ladro dell’Olandese e perfino una mucca; il figlioletto di lei ha ancora bisogno di latte fresco la mattina. Insieme hanno sognato di aprire una taverna tutta loro, magari dalle parti di Panama, dove tutto è più tranquillo, anche se è pieno di spagnoli.

Guy ci ha bevuto su tanto, per meglio cullare quei dolci sogni; e non roba di seconda scelta, ma il miglior whisky e il miglior vino. E cibo come piace a lui, cacciagione cucinata come si deve, non quello schifo piccante che sono abituati a mangiare gli spagnoli.

A bordo, durante la navigazione, si mangiano solo le provviste di frutta secca e carne essiccata, e il pesce rubato ai pescherecci. Gli uccelli marini non si toccano nemmeno: sono l’incarnazione dei mariani morti, e porta grande sfortuna abbatterli.

Ha fumato, tabacco da pipa, il migliore. Guy ha i denti anneriti dalle lunghe ore passate a masticare tabacco a bordo mentre rappezza vele e vestiti. Non si può fumare a bordo, il fuoco è il peggior nemico delle navi.

Ha giocato, a dadi e a chemin de ferre. Alla fine non ha portato in tasca nulla, ma non è quello il bello del gioco. A bordo il capitano non permette nemmeno due tiri a dadi nei giorni senza vento. Il gioco d'azzardo è proibito per un marinaio.