Inception: n. principio (m.), inizio (m.).

Nei sogni, le nostre facoltà mentali aumentano in misura esponenziale. Siamo in grado di creare mondi, intessere storie, vivere al pieno delle nostre emozioni. Ma, nei sogni, i nostri segreti si mostrano vulnerabili, il nostro subconscio è debole e chi potenzialmente potesse entrarvi riuscirebbe, se abile, a carpirli.

E' questa l'idea di base dell'ultimo capolavoro di Christopher Nolan (anche qui sceneggiatore, oltre che regista, come in Memento, The Prestige, Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro): la condivisione di un sogno da parte di diversi individui, un'idea densa di sfumature e ramificazioni che circa dieci anni di scrittura hanno sviluppato, portando a Inception. Un heist movie che va ben oltre gli stereotipi del genere. Un film dagli elementi fantascientifici che possiede una profondità intellettuale ed emotiva fuori dal comune, e molteplici chiavi interpretative.

Inception è la storia di un gruppo di ladri di sogni, individui capaci di manipolare la realtà onirica grazie alle proprie capacità mentali e a un attento studio del soggetto nel cui subconscio si introducono.

Dom Cobb (Leonardo DiCaprio) e Arthur (Joseph Gordon-Levitt) possiedono queste facoltà. Architetti e incursori dei sogni, la loro professione è quella di carpire informazioni, dietro pagamento, sotto committenza di gruppi, aziende, uomini d'affari. Spionaggio industriale, dunque, ma forse assai più pericoloso da praticare rispetto a quello che si può attuare nella realtà che conosciamo. Perchè esistono regole, nei sogni. Ma essi sono altresì governati da un realtà che muta a seconda delle pulsioni psichiche, dei desideri inconsci dei loro autori. E a queste regole e non-regole, i ladri di sogni devono attenersi, pena il fallimento delle loro missioni e la conseguente vendetta dei loro committenti.

Ma quando Dom e Arthur vengono incaricati dal potente businessman asiatico Saito(Ken Watanabe, L'Ultimo Samurai, Batman Begins) di entrare nei sogni dell'erede del suo avversario Robert Fischer, prossimo alla morte, non è per estrarre un'idea o un segreto industriale. Ma per inserirla. Per darle un'origine. In questo modo, al loro committente non sarebbe più un ostacolo la monopolizzazione del mercato affaristico e, dunque, il potere economico e decisionale assoluto nel proprio settore finanziario.

Dom assolda Arianna (Ellen Paige) una promettente studentessa di architettura, insegnandole a usare la propria mente per costruire ambienti onirici, e Eames (Tom Hardy) un 'falsario', un trasformista in grado di assumere nei sogni identità diverse, guidando o confondendo il subconscio della vittima. E l'unico modo per portare a termine il colpo, sembra quello di creare sogni dentro ad altri sogni.

Inception è un film dai diversi, e profondi, livelli di lettura. Prendendo spunto dal filone fantascientifico, e fantastico in generale, delle realtà parallele, Nolan vi inserisce speculazioni esistenziali di considerevole coinvolgimento per uno spettatore aperto agli stimoli intellettuali. Ogni estrattore, architetto di sogni, è costantemente in bilico tra la consapevolezza di vivere una realtà 'altra' rispetto alla propria e il pericolo del Limbo, una dimensione del sogno da cui non c'è più alcuna uscita, o quasi. Echi del primo Matrix si fondono, così, in una esplorazione della dimensione umana nelle sue illusioni e nei suoi affetti. Dom è infatti lacerato da un profondo amore perduto che dalla realtà è divenuto un'ossessione sempre presente, e altamente pericolosa per la sua sanità mentale, nei suoi e negli altrui sogni. Per questo, Dom ha scelto un totem, una piccola trottola il cui moto indotto gli permetta di distinguere tra realtà e sogno.

La trama diviene un complesso gioco di scatole cinesi, un gioco di mosse e contromosse (non a caso, Robert Fischer è l'omonimo di uno dei più grandi scacchisti mai esistiti) un labirinto (ancora una volta, non è un caso che la giovane architetto scelta da Dom si chiami come la salvatrice, e amante tradita, di Teseo nel mito greco, e che ella scelga come proprio totem un pedone del gioco degli scacchi).

Il cast è assolutamente di alto livello. DiCaprio è ormai assai lontano dalla prigione di eterno giovane con poco talento. Maturo, poliedrico, intenso, è affiancato da un Gordon-Levitt (Miracolo a Sant'Anna, G.I. Joe – La Nascita dei Cobra) impassibile ed efficiente, vale a dire ciò che la sua parte nella trama richiede, e da un Tom Hardy (Black Hawk Down) e da un Ken Watanabe eccellenti, considerando anche che a questi ultimi è delegato il compito di allentare, con battute ironiche e intelligenti, la tensione della trama. Quest'ultima cresce in un climax costruito ad arte, accompagnato da una colonna sonora, firmata da Hans Zimmer (Il Gladiatore) priva di inutili orpelli, essenziale, ma nonostante ciò potente e emozionale, in particolar modo nella conclusione del film.

Nolan ha saputo scrivere una sceneggiatura brillante e coinvolgente, acuta, profonda, originale. Ha saputo assemblare un cast, compresi alcuni tra gli attori con cui è solito lavorare da anni, all'altezza della propria abilità narrativa, ha saputo dirigere un film che, nonostante effetti speciali eccezionali, sia per realizzazione che per concezione, gioca su ritmi, sequenze e idee, più che sull'impressione visiva fine a se stessa. La trama di Inception è quella di un sogno dentro altri sogni. Il genio di Nolan è pura realtà.

Un ringraziamento a Roberto Greco, uno dei migliori compagni di visione cinematografica che un recensore possa desiderare e, soprattutto, un caro amico.